PAOLO SCHEGGI Catalogo
una retrospettiva 1957 – 1971
a cura di BRUNO CORÀ
6 ottobre 2007 – 19 gennaio 2008

La galleria Il Ponte apre la stagione espositiva autunnale con una retrospettiva dedicata a Paolo Scheggi. Del suo intenso ma breve percorso creativo, che dalla fine degli anni Cinquanta giunge fino al 1971, anno della sua prematura scomparsa, viene presentato un nucleo di opere pressoché inedite: dalle Lamiere policrome del 1958 alle Intersuperfici curve a zone riflesse realizzate con tele sovrapposte, fino alle Strutture modulari in cartoni fustellati del 1970 e un  corpus di oltre cento carte dal 1957 al 1962.
Fin dai primi ferri, tagliati, sovrapposti, piegati, dipinti, antecedenti al 1960, e dalle prime opere su carta in cui è ancora chiaro il suo tentativo di allontanarsi dalla tradizione informale, si evidenziano gli elementi fondamentali del suo percorso artistico. Con il 1962 Scheggi approfondisce la ricerca nel linguaggio plastico attraverso la “contraddizione dialettica tra spazio e oggetto, (del)la definizione per assurdo (la sola possibile) del vuoto”. Nascono così le prime Intersuperfici curve a zone riflesse. Attraverso l’utilizzo di tele sovrapposte accentua il dato tridimensionale; le buca realizzando dei vuoti rotondi dai contorni perfetti, arricciando i bordi verso l’interno. Quando la struttura spaziale è pronta, dipinge il tutto con un colore unico: rosso, nero, blu, arancione… Nella seconda metà degli anni Sessanta l’artista realizza per lo più Intersuperfici modulari a strutturazione geometrica regolare dove il taglio è guidato da precisi intenti geometrici e il ritmo dei moduli prevale: la ripetizione in serie di aperture circolari regolari, sovrapposte in diverse combinazioni, crea effetti di profondità.
La superficie quale elemento cromatico rifrange la luce, lo spazio come attraversamento, nelle sue molteplici profondità, determina una percezione diversa. Restituire un’unica dimensione spazio temporale interna all’opera, di cui lo spettatore è parte attiva, fino a renderlo partecipe dell’opera stessa nell’azione performativa. Questo il fulmineo e preveggente percorso di Scheggi.