Claudio Costa, Gregor Samsa, galleria Il Ponte, Firenze
Claudio Costa, Analisi su un oggetto del Museo di Monteghirfo, galleria Il Ponte, Firenze
Claudio Costa, Il Battipanni, galleria Il Ponte, Firenze
Claudio Costa, Oggetti nella neve, galleria Il Ponte, Firenze
Claudio Costa, L’anfora delle stelle, galleria Il Ponte, Firenze
Claudio Costa, Senza titolo, 1983, galleria Il Ponte, Firenze
CLAUDIO COSTA Mostra 2021
Giornale

Claudio Costa nasce a Tirana il 22 giugno 1942 da genitori italiani. Trascorre la sua infanzia a Monleone di Cicagna, in Liguria, e negli anni ’50 frequenta il Liceo Scientifico a Chiavari. Nel 1961 si iscrive alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Seguendo la sua grande passione per il disegno e per la pittura, inizia a frequentare la Galleria Del Grattacielo di Enzo Pagani nella cui sede di Legnano presenta le sue prime opere. Nel 1962 vince con due disegni il premio “Diomira” e nel 1963 riceve il secondo premio al “San Fedele” di Milano. Nel 1964 vince una borsa di studio per l’incisione indetta dal governo francese. Si trasferisce a Parigi. Lavora presso l’Atelier 17 di S.W. Hayter in Rue Daguerre a Montparnasse dove conosce Marcel Duchamp. Vive in Passage Rauch 1 vicino alla Bastiglia. Nel 1965 sposa Anita Zeiro e sempre a Parigi nasce la figlia Marisol. Nel 1968 partecipa al maggio francese e realizza il libro Mai ’68 Affiches — edizioni Tchou — insieme a Alechinsky, Jorn, Bona Pieyre de Mandiargues, Cremonini-Gaudibert, Matta, Dufour-Butor, Milhaud, Ségui, Silva-Cortazar. Le opere di questi anni, che rimandano alla Pop-Art, sono esposte con una personale alla Galleria Tonino di Campione d’Italia a cura di Eros Bellinelli. Tornato in Italia nel 1969, si stabilisce a Rapallo. Nella sua grande casa-atelier soggiornano spesso numerosi critici e artisti, tra cui Jean-Christophe Ammann, Bernard Venet, Robert Filliou, Mario e Marisa Merz, Wolf Vostell, Nobuo Sekine. Sperimenta materiali non specifici in arte come grafite, amido, colla di pesce, acidi, solfato di rame, fotocopie, argilla. Tiene la sua prima importante mostra personale La Vela e Altro alla Galleria Bertesca di Genova, catalogo curato da Tommaso Trini e Germano Beringheli. Si apre il circuito internazionale dell’arte contemporanea, dal Concettuale all’Arte Povera a Fluxus. Dal 1970, il suo interesse è concentrato sulla paleontologia, uno strumento affascinante di conoscenza sull’origine dell’uomo che lo porterà nel 1971 a realizzare due importanti personali: Craneologia e altre situazioni alla Modern Art Agency di Lucio Amelio a Napoli e Evolution – Involution alla Produzentengalerie di Dieter Hacker a Berlino. Pubblica il libro Evoluzione – Involuzione, testo scientifico e fondamento teorico delle sue ricerche antropologiche. Poliedrico navigatore dell’anima, in questi anni scrive una raccolta di poesie Amore e Disamore che verrà pubblicata postuma. Nel 1972 partecipa alla “8ème Biennale de Paris. Manifestation internationale des jeunes artistes” al Museo d’Arte moderna di Parigi nella sezione italiana curata da Achille Bonito Oliva. Il 1974 è un anno denso di eventi. Personale alla Neue Galerie – Sammlung Ludwig di Aachen a cura di Wolfgang Becker e Astrid Brock. Partecipa a Spurensicherung. Archaologie und Erinnerung al Kunstverein di Amburgo curata da Gunter Metken e Uwe Schneede e alla Stadtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco con Boltanski, Bay, Brodwolf, Lang, i Poirier. Partecipa a Kunst bleibt Kunst: Project ’74 alla Kunsthalle di Colonia con Boltanski, i Poirer, Nancy Graves, dove espone Il Museo dell’Uomo che verrà poi riproposto nell’ambito della mostra La ricerca dell’identità a cura di Gianfranco Bruno, Palazzo Reale, Milano. Grazie all’incontro con l’esploratore- antropologo Thor Heyerdahl e a una fitta corrispondenza con il Museo di Wellington, realizza un ciclo di opere ispirate ai Maori della Nuova Zelanda. Alla Galerie Klang di Colonia espone Gli occhi dei Maori riflettono i colori latenti della foresta. In estate fa un viaggio in Marocco alla ricerca di culture incontaminate; successivamente, pubblica il libro Due esercizi di antropologia presentato all’omonima personale alla Galleria Nuovi Strumenti di Piero Cavellini, Brescia. Nel 1975 lavora ad una serie di teche in legno e vetro contenenti oggetti antropologici denominate Per un inventario delle culture. Dice Claudio: “la vetrina ha la facoltà di immobilizzare, il vetro blocca e fissa l’immagine, separandola dalla vita.” Da quest’idea crea, insieme all’amico Aurelio Caminati, a Monteghirfo, sulle colline della Fontabuona in Liguria, il Museo di Antropologia Attiva dove gli oggetti della cultura contadina — non essendo decontestualizzati — diventano messaggi culturali, ”un tranquillo caos scandisce trascorse stagioni.” Partecipa a “documenta 6”, Kassel, 1977, presentando Antropologia riseppellita. Matura l’idea di “work in regress” contrapposto a “work in progress” di Joyce. Inizia a interessarsi all’alchimia, un fenomeno molto vicino all’origine delle cose che ci riporta al magico, al mito, al rito. Personale Materiale e Metaforico Galleria Valsecchi, Milano. Varie mostre si susseguono tra le quali, nel 1978, Conoscete la magia del verde? alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Portofino e La creazione volgeva alla fine curata da Giorgio Cortenova, Unimedia, Genova. Installa la grande scultura Il vulcano addormentato al Museo Vostell, Malpartida de Càceres, Spagna. Nel 1979 presenzia in Het Mensbeeld in de Europese Kunst na 1945 alla Fundatie Kunsthuis, Amsterdam. Nel 1981 Mythos und Ritual in der Kunst der 70er Jahre a cura di Erika Billeter alla Kunsthaus di Zurigo, poi al Kunstverein di Amburgo con, tra gli altri, Joseph Beuys, Jannis Kounellis, Nikolaus Lang, Dennis Oppenheim e i Poirer. Questi anni lo vedono partecipare a numerose personali. La sua ricerca alchemica culmina con Diva bottiglia (per un museo dell’alchimia) che espone nel 1986 alla Biennale di Venezia, sezione “Arte e Alchimia” curata da Arturo Schwarz. Presenta Le Macchine Alchemiche alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Forti, Verona, a cura di Cortenova. Una citazione particolare per le molteplici performances di Costa: Controprocesso, Monteghirfo 1975, Il miele dell’ape d’oro, 1977, Case di fango, 1978, I conigli amano Claudio e altri racconti, 1979, Case di ruggine, 1990, Il nostro avo ci onorò col dono del nero perfetto, 1994, Arcimboldo evocato, 1994. Dalla metà degli anni ’80 lavora in un grande atelier a Genova Quarto nell’ex-ospedale psichiatrico dove le sue ricerche non gli impediscono di interagire con i degenti come arte-terapeuta. La sua intuizione lo porta a fondare nel 1988 l’Istituto per le Materie e Forme Inconsapevoli che diventerà il Museo Attivo delle Forme Inconsapevoli, uno spazio in cui le opere degli artisti professionali e quelle dei pazienti non hanno barriere. Nel 1989 pubblica da Nuovi Strumenti, Brescia, Claudio Costa o dell’assedio instancabile del fare con un testo di Flaminio Gualdoni. Invitato da Claudio Spadoni si reca in Kenya, a Malindi, per eseguire la scultura Albero della cuccagna all’African Dream Village di Giulio Bargellini. Nel 1990 Prehistoire et Anthropologie, Galerie 1990-2000, Parigi; Ex hora pre historia, Galleria Il Cenacolo, Trento a cura di Danilo Eccher; invitato da Bonito Oliva a “Ubi Fluxus, ibi motus” XLIV Biennale di Venezia. Varie mostre si susseguono fino ad arrivare ad Europa Africa versus, 1994, Galleria Valsecchi, Milano nella quale espone, tra le altre opere, Ontologia antologica, un grande mobile in legno marmorizzato i cui cassetti contengono la parte in ombra dell’artista. Può essere definito Museo dell’Inconscio. Nel 1992 partecipa alla Biennale di Dakar, Senegal. Torna svariate volte in Africa. Fortemente sensibilizzato da questa cultura primitiva, scopre che il profilo del cranio dell’Homo Erectus corrisponde perfettamente al perimetro dell’Africa settentrionale: nasce l’idea, mai realizzata, di fondare un museo in ogni paese raggiunto da tale profilo così da delinearne simbolicamente la figura. Museo Infinito delle possibilità e delle comunicazioni tra europei ed africani. E’ il progetto Skull-Brain Museum – Africa ’95. Una serie di lavori raffiguranti la carta geografica dell’Africa esprime questo concetto. Cranio-cervello sempre presenti e ricorrenti nelle ricerche di Costa, dalle prime Mappe craniche a Credo di essere incinto del mio cervello, da Cervello acido a Calotta cranica Calotta polare, da Craneologia e altre situazioni ai lavori sul Cuore e cervello. Quasi come il simbolo alchemico dell’Oroboro la sua vita si conclude precocemente il triste 2 luglio 1995. Aneurisma cerebrale. The head that exploded, 1970.

a cura di Marisol Costa