Hsiao Chin, Una retrospettiva 1960-1997, galleria Il Ponte, ph. Ela Bialkowska_01
Hsiao Chin, Una retrospettiva 1960-1997, galleria Il Ponte, ph. Ela Bialkowska_02
Hsiao Chin, Una retrospettiva 1960-1997, galleria Il Ponte, ph. Ela Bialkowska_03
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Hsiao Chin, Una retrospettiva 1960-1997, galleria Il Ponte, ph. Ela Bialkowska_10
HSIAO CHIN Sfoglia il Giornale
a cura di Andrea Alibrandi Biografia
1 marzo – 3 maggio 2024 Sfoglia la cartella di incisioni

La mostra che si inaugura il 1 marzo alla galleria il Ponte è una sintetica retrospettiva dedicata a Hsiao Chin, sedici opere su tela e su carta e alcune acqueforti dal 1960 al 1997. All’inizio degli anni ’90 Vincenzo Albrandi, fondatore della galleria e stampatore, aveva collaborato con l’artista per la realizzazione di alcune opere grafiche, che erano sfociate nel 1993 in una cartella di 16 acquetinte a colori dal titolo Verso il giardino eterno e nel 1998 in una mostra di opere su carta, corredata da un catalogo, con nei primi 60 esemplari un’acquatinta originale.

Quello di Hsiao Chin è un percorso estremamente personale. Formatosi nell’habitat artistico cinese, alla metà degli anni Cinquanta giunge in Europa, prima in Spagna dove ha rapporti con i maggiori esponenti dell’Informale spagnolo (Tapies, Saura, Millares, …). Entra così in contatto con tutte le recenti esperienze informali europee e con la prorompente vivacità dell’espressionismo astratto della nascente New York School.

Del 1958 è il suo primo viaggio in Italia e l’anno successivo espone proprio a Firenze, alla Galleria Numero di Fiamma Vigo. Si trasferisce poi a MIlano, dove frequenta il milieu artistico della città (Fontana, Manzoni, Castellani, …) e conosce Giorgio Marconi, con cui inizia un lungo rapporto di collaborazione.

Il colore è veramente alla base della pittura di Hsiao Chin. I suoi dipinti si costruiscono con i suoi colori, sempre puri, decisi, privi di incertezze, come lo è d’altra parte il gesto. La sua esecuzione è rapida, priva di ripensamenti. La costruzione dell’immagine è così semplificata da non ammettere esitazioni. Il controllo dell’atto pittorico è totale. Il gesto è unico, irripetibile, frutto di una lunga e profonda meditazione, che rivela come le sue radici affondino nella cultura, e nella tradizione orientale. La superficie dell’opera è il luogo dove si rivela l’accadimento e ogni singolo gesto è un evento che definisce e determina lo spazio, conferendogli senso.