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ARTISTI

    Vincenzo Agnetti, Libro dimenticato a memoria,1969, galleria Il Ponte, Firenze
    Vincenzo Agnetti, Dati due o più istanti lavoro…,1973, galleria Il Ponte, Firenze
    Vincenzo Agnetti, Un effetto eb,1971, galleria Il Ponte, Firenze
    Vincenzo Agnetti, Libro dimenticato a memoria,1969, galleria Il Ponte, Firenze
    VINCENZO AGNETTI Mostra 2015
    Catalogo

    Vincenzo Agnetti nasce a Milano nel 1926, si diploma a Brera e si iscrive alla scuola del Piccolo Teatro, dove conosce la compagna della vita Bruna Soletti. Le sue prime esperienze artistiche avvengono nella pittura informale e nella poesia, ma dopo studi artistici e scientifici e gli inizi come pittore informale nei primi anni Cinquanta smette di dipingere. Alla fine degli anni Cinquanta e primi anni Sessanta frequenta pochi amici, tra i quali Manzoni e Castellani fondatori di Azimut (nel ’59 nasce la rivista Azimuth e poi la galleria a Milano) teso a ricerche sperimentali. Agnetti é in una fase prossima all’attuazione di una trasformazione per la quale il pensiero, le esperienze e la vita si commuteranno successivamente in operazione artistica. L’arte é concepita come un’operazione di sintesi globale dove soggettività, coscienza e produzione sono un tutt’uno in cui l’artista si realizza. Del 1962 il suo viaggio sudamericano: rimane in Argentina fino al 1967, lavorando nel campo dell’automazione elettronica. Sono anni caratterizzati dal «… liquidazionismo o Arte-no, il rifiuto di dipingere…, sono i viaggi, il lavoro basso, la presa di coscienza per una libertà vera…». Anni di scrittura prolifica, di cui rimangono i quaderni “Assenza”, migliaia di pagine di pensieri, idee, progetti in America del Sud, Arabia, Scandinavia. Scrive presentazioni critiche per Manzoni, Castellani, Bonalumi, Melotti, Kline. Passando per New York, rientra in Italia e “il dimenticato a memoria” (l’abbandono della tecnica per recuperare il flusso della vita dentro la peculiarità dell’opera artistica), l’occultato diventa arte palesata. A Milano intensifica l’amicizia con Scheiwiller, nata nel ’58. Frequenta il gruppo legato ad “Azimuth” e dal ’63 al ’67 si colloca il romanzo Obsoleto, recupero di ciò che é caduto in disuso e annullato, quintessenza della sua azione verso il senso, il linguaggio, il tempo: momento cardine tra i due importanti periodi della vita di Agnetti. Dal ’71 collabora intensamente con “Domus”; parte per la Norvegia e il Qatar. La sua produzione é incessante e la sua popolarità artistica acclarata. Del 1967 é la prima mostra al Palazzo dei Diamanti a Ferrara, l’anno seguente espone alla galleria Visualità la sua Macchina drogata, una calcolatrice Divisumma 14 Olivetti i cui 110 numeri vengono sostituiti da lettere dell’alfabeto in maniera che tutte le parole risultate dalle operazioni fossero di supporto a «un’operazione di critica al linguaggio». Nel 1981 a New York partecipa a Revolutions per minute (The Art Record), un album musicale composto da ventidue artisti, legati alla galleria Feldman, esponenti dell’Arte visiva e concettuale: Agnetti compone una musica dove il suono é dato dalle pause e lo spartito da un diagramma che diventa opera d’arte, su carta millimetrata e su feltro. Continua la sua riflessione sul linguaggio. Nel 1971 espone alla galleria Blu di Milano Feltri (1968-1970, pannelli con frasi di una certa ridondanza letteraria con lettere incise a fuoco e dipinte) e Bacheliti (Assiomi, 1968-1974, lastre di bachelite incise e trattate con colori ad acqua o nitro dove diagrammi e frasi dichiarano proposizioni assiomatiche, paradossi, contraddistinti da freddezza mentale e rigore concettuale). Un anno dopo espone alla galleria Martano 2 Telegrammi. Di questi primi anni Settanta sono le molteplici discussioni con gli amici, sempre coinvolti nei suoi progetti, tra i quali il suo gallerista sostenitore Castelli, Daniela Palazzoli, Pierre Restany, Achille Bonito Oliva, Carla Pellegrini e artisti molto vicini quali Melotti, i Merz, Boetti. Collabora con “Domus”, con “Data” attraverso il rapporto importante con Tommaso Trini. Collabora anche con artisti suoi contemporanei quali Colombo, Scheggi, Parmiggiani, ma senza mai costituire un gruppo. Del 1973 la sua importante installazione Progetto per un Amleto politico, da lui definita “teatro statico” (“spettacolo senza movimento, senza personaggi e senza testo”). Nel 1975 torna a New York, centro nevralgico dell’Arte concettuale, e apre uno studio a Manhattan; inizia la collaborazione con Robert Feldman – nella cui galleria tiene subito la sua prima esposizione americana Immagine di una mostra – e frequenta amici tra cui Arakawa. Nello stesso anno espone alla Sonnabend di Parigi opere sul concetto di “equivalenza” Gli eventi precipitano (1974-1975): importanza del tempo sul percorso delle cose e delle persone. La sua produzione artistica continua vertendo sul linguaggio, il tempo, la comunicazione, la critica politico-sociale, anche se verso la fine degli anni Settanta pare ricomparire l’anima poetica dell’artista. Del 1977 Mental Installation all’Israel Museum di Gerusalemme e del 1978 il libro di poesie Machiavelli 30: …«la poesia non si può illustrare come l’arte non si può descrivere…in questo lavoro, figura e parola insieme sono un’unica cosa». Del 1980 la mostra di scultura Surplace da Toselli a Milano e Feldman a New York. Nelle Photo-Graffie del ’79-’81, sue ultime opere, la poesia ingloba anche lo stile: carta fotografica esposta alla luce e trattata, su cui Agnetti interviene con graffi per recuperare l’elemento “figurativo”, il disegno, all’interno di un’operazione concettuale. L’ultima mostra alla galleria Bruna Soletti di Milano é del 1981, anno della improvvisa morte dell’artista, uno dei maggiori esponenti della neoavanguardia italiana, protagonista indiscusso dell’Arte concettuale.

     

    Settembre 20, 2017 0 comment
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