| VLAD NANCĂ | Biografia | |
| Adsumus | ||
| a cura di Pietro Gaglianò | ||
| 18 settembre – 7 novembre 2025 |
Il Ponte riapre la stagione espositiva dopo la pausa estiva con una monografica dedicata a Vlad Nancă – artista con cui la galleria collabora da alcuni anni (precedentemente, l’artista ha esposto in questo spazio nel 2018 con It Happens (mostra a due con Luca Resta), curata da Paola Tognon.
Nella sua nuova mostra, l’artista approfondisce ulteriormente la sua esplorazione dell’eredità architettonica modernista attraverso il suo linguaggio visivo legato ad alcuni temi ricorrenti, reinterpretando disegni architettonici “brutalisti” come gesti performativi e costrutti poetici.
Per la sua personale alla galleria Il Ponte, Vlad Nancă presenta un nuovo corpus di opere che continua la traiettoria di Human Scale, progetto che ha ideato e co-scritto per il Padiglione Rumeno alla Biennale di Architettura di Venezia di quest’anno.
Al centro di entrambi i progetti c’è l’esplorazione dei disegni architettonici rumeni del XX secolo, con particolare attenzione alla rappresentazione e al simbolismo delle figure in scala, quelle piccole sagome che popolano silenziosamente lo spazio architettonico reso.
A Firenze, Nancă rivisita una selezione di disegni d’archivio, trasformando queste figure in presenze scultoree a grandezza naturale. Come con i lavori mostrati ai Giardini, i suoi lavori ibridi di disegno e scultura recuperano corpi anonimi dalla periferia del pensiero architettonico e li riposizionano come soggetti di riflessione artistica.
Traendo ispirazione dall’uso della carta da lucido nella pratica architettonica tradizionale — o da quello che oggi potrebbe essere considerato un metodo arcaico — Nancă sovrappone queste figure a superfici traslucide, rimuovendole parzialmente dal loro contesto originale. In queste composizioni spettrali, l’artista assembla forme celestiali quali pianeti, stelle, e frammenti di materia cosmica, aprendo uno spazio contemplativo in cui la presenza umana è riformulata all’interno di un vasto continuum universale.
“Nella visione di Nancă, queste sagome effimere si evolvono in meditazioni silenziose sulla condizione umana: transitorie, stratificate e sospese tra l’immediatezza della vita quotidiana e il mistero duraturo del cosmo.
Il titolo della mostra fiorentina Adsumus (latino per “We are here”) rappresenta una silenziosa rivendicazione della propria presenza sulla Terra, considerata uno dei tanti pianeti possibili da abitare. Riecheggia lo sguardo speculativo della colonizzazione spaziale, pur basandosi su elementi familiari: le figure in scala distintive dei disegni architettonici del XX secolo, un tempo utilizzate per suggerire la presenza umana in ambienti progettati. Ripensate in un contesto cosmico, queste figure diventano indicatori della nostra fragile ma persistente occupazione della superficie planetaria” (Vlad Nancă, 2025).
Vlad Nancă. Adsumus
“Il Novecento ha recepito l’anelito illuminista di un’umanità destinata (con ogni mezzo) alla felicità e, in utopiche e distopiche interpretazioni, ha incorporato questa missione, in larga scala, nell’urbanistica e nell’architettura, rivedendo radicalmente il rapporto tra lo spazio costruito e l’essere umano. L’orizzonte di riferimenti teorici e visivi che anima il lavoro di Vlad Nanca traduce questo desiderio di felicità in un pensiero pragmatico, quello del progetto: nel disegno tecnico l’umanità è sempre presente, con forme che ne concettualizzano la corporeità e ne esaltano il valore scalare rispetto all’architettura. Nanca, con lo sguardo attento dell’artista, coglie le fratture implicite in questi scenari e trova nelle silhouette un punto di criticità. La nuova umanità è disconnessa dal nuovo mondo che dovrebbe abitare: i due processi (di educazione alla felicità e di creazione dell’habitat) si trovano su piani diversi e artificialmente sovrapposti, come evidenzia il lavoro fatto sulle tavole originali. Estratte dal disegno e portate a un’altra scala, le figure rivelano una natura sintetica, che anticipa le estetiche post human di questi decenni; la loro morfologia aliena ha anche qualcosa di allarmante, rivelando la pulsione coloniale di ogni insediamento, di ogni appropriazione che l’umanità compie rispetto al pianeta. In queste opere vibra, quindi, un interrogativo più forte di quella costrizione alla felicità del secolo scorso: quale felicità? Per chi? A quale prezzo?”
Pietro Gaglianò, Firenze, settembre 2025






